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La rubrica di…

Speranza… ecco il tema di cui ci parla nella sua rubrica Francesca Nicolò…

Oggi vorrei parlare della speranza.

La mia ha un nome, è alto circa 1,43m e risponde al nome di Alberto.

Un nome di origine germanica che vuol dire, secondo varie interpretazioni “colui che spacca tutto” o “illustrissimo”.

Una speranza che ha reso la mia vita straordinaria.

Scoprii di aspettare un bambino a 21 anni: mentre tutte le mie amiche erano studentesse alle prese con aperitivi, uscite e viaggi io ero mamma.

Non fu facile. Fin dalla prima ecografia, la ginecologa mi schernì dicendo che l’università sarebbe finita e che ora sarei stata solo una mamma.

Cosa? Ma eravamo seri?

La mia vita era finita per molte persone.

Molti mi invitavano a sposarmi con il padre del bambino, ma io non mi sentivo pronta e non ne sentivo la necessità.

Non avevo bisogno di un ridicolo matrimonio riparatore.

Stavamo assieme e volevamo crescere questo bambino assieme.

Le nostre strade come coppia si sono separate da circa tre anni, ma questo intento è sempre rimasto e sempre rimarrà.

Dopo il primo iniziale smarrimento e le tante, troppe, parole al vento decisi che quel bambino sarebbe stata la mia speranza.

Una speranza voluta e che non rinnegherò mai.

Sia chiara però una cosa: io sono per la completa libertà di scelta di ogni donna.

Io ero amata dal padre del bambino, e sostenuta dalla mia famiglia.

Accanto a me durante la prima ecografia trovai una ragazza sola che scelse di non portare avanti la gravidanza.

Per lei non era il momento: ora è una mamma felice di due bambini e io sosterrò sempre questa libera scelta.

Sempre e con tutte le mie forze.

Come io ho scelto di essere madre anche altre altre donne devono avere il diritto di non volerlo essere.

Per tutta la gravidanza il mio fisico si mantenne bene e senza nausee. Da perfetta sconsiderata (come penso tutte le ragazze piene di voglia di vivere) a 7 mesi visitai la cupola del Brunelleschi salendo in cima ad ammirare il paesaggio;

questa forza mi permise di dare gli esami del terzo anno per poi portare avanti la tesi una volta nato.

Ricordo quante volte ripetevo alla mia pancia, e quindi al bambino che cresceva in me, filosofia, latino, filologia e storia dell’arte.

Forse per questo che Alberto e lo studio sono spesso incompatibili: ha ascoltato troppo!

Spesso agli esami alcuni professori mi guardavano con aria di compatimento mentre altri erano, fortunamente, indifferenti.

Uno mi colpì particolarmente: Giorgio Simonelli.

Professore di Storia della Televisione. Un tipo appasionato del suo lavoro e dotato di un grandissimo carisma.

Dopo avermi dato 30 e lode, mi disse:”lei con chi farà la tesi?”.

Ero a poche settimane dal parto e, dopo alcuni tentativi, non avevo trovato ancora un professore disposto a prendersi in carico una alunna “ingombrante” (nel senso letterale della parola).

“Pensi a partorire” “E’ ancora in tempo con gli esami” “Pensi a fare la mamma: suo figlio ha bisogno di lei”.

Un professore mi disse:” non le basta fare la mamma giovane? vuole anche laurearsi?”

Una domanda simile mi aveva sconvolto e, sommessamente, gli dissi che non avevo trovato un professore.

Lui si offrì di aiutarmi e così cominciai la tesi sotto la sua direttiva.

Tesi sulla “Piovra” il famoso sceneggiato che, fin da bambina, mi teneva incollata alla televisione.

Alberto nacque il 12 Luglio 2009, pochi giorni dopo questo esame.

Venne alla luce con qualche piccola difficoltà perchè ebbi le contrazioni per due giorni.

Appena nato era uno scricciolo di quasi 4kg con tantissimi capelli e gli occhi vispi.

Mi ricordo che, appena lo tenni in braccio, piansi e gli promisi che lui sarebbe stato la parte migliore di me.

Apostrofando i medici che mi avevano giudicato, lui è il mio “errore più azzeccato”.

Per me quella gravidanza fu un nuovo inizio.

Una vita scandita da orari, doveri ma non persi mai di vista le mie passioni.

Mai. Portai con me Alberto a mostre ed eventi, nonostante fosse un neonato: ovviamente rispettando i suoi ritmi ed i suoi tempi.

La tesi la scrivevo di notte mentre lui riposava. Eh sì, sono stata tra le fortunatissime mamme ad avere un bambino che dormiva la notte!

Mi divertivo a cantare le poesie e vedevo Alberto ridere.

Anche oggi adora cantare con me “Il Cantico dei Cantici”.

Esame di letteratura italiana 1: libro Contini, uno di quelli esami da “brivido” ma che mi rimase nel cuore.

Il professore mi diede da interpretare proprio il Cantico di San Francesco.

Ora, seguendo quelle parole, credo che davvero non possa esistere un messaggio d’amore più bello di questo.

Abbracciavo il mio piccolo cuore e cantavo quelle parole.

Forse è da mamma sconsiderata, forse una mamma normale lo avrebbe fatto giocare con giochi montessoriani o creati da qualche famosa puericultrice danese.

Io non me li potevo permettere: vivevamo di lavori precari, di ripetizioni private e aiuti di parenti.

Ma sento che non ho mai rinunciato a me.

Alberto mi ha reso migliore e mi ha spinto ad inseguire ogni sogno.

Anche quello della laurea.

Il 10 Luglio 2010 fui proclamata dottoressa in Lettere Moderne: non avevo nemmeno 23 anni e Alberto avrebbe compiuto un anno qualche giorno dopo.

Il professor Simonelli prima della proclamazione volle me ed Alberto davanti a lui.

“Sia sempre orgogliosa di sè stessa”. Una vittoria.

Dopo la laurea ho sempre lavorato, scritto e composto alcuni piccoli lavori: cercando sempre quella stabilità che un bambino merita.

Mai nulla è mancato, se non il superfluo. Non mi posso permettere oggetti costosi ma in casa non mancano mai le cose indispensabili.

Ho insegnato a mio figlio che bisogna accontentarsi e lui si adegua: anche se a volte, confesso, la rinuncia fa male.

Ma è bello quando possiamo concederci un piccolo lusso perchè lo gustiamo assieme.

Godiamo delle piccole cose. Ad esempio andare a pattinare: Alberto è veramente bravo, agile e veloce.

Io esatto opposto. Una foca è più elegante, e lo dico senza mezzi termini.

Alberto si cura persino se riceve amici in casa coordinando il suo abbigliamento, io indosserei la tuta in ogni momento.

Adesso che andrà alle medie, mi rendo conto di quanto sia stato fondamentale non essermi persa con la gravidanza.

Io non sono solo diventata madre, sono diventata una donna consapevole di essere madre.

Non ho mai perso ciò che sono, pur amando visceralmente mio figlio.

Non è stato facile, soprattuto quando mi sono separata: Alberto è dovuto crescere in fretta e affrontare il delicato momento.

Ma è stato straordinario, non ha mai preferito nessun genitore e si è adeguato al nuovo tenore di vita.

Nemmeno a scuola i voti ne hanno risentito.

E questo mi fa sperare che, forse, quella ragazza con tanti sogni ha fatto qualcosa di giusto.

Ho tanti rimorsi per non essere la mamma perfetta o in tiro come molte. Spesso devo far coincidere ogni cosa.

Dalla odiata DAD al campo estivo, alle sue uscite con gli amici il sabato e persino alle chiamate.

Sì perchè essendo sempre di corsa, chiamarmi e stare 15 min al telefono è impresa ardua.

Spesso pulisco, lavo, stiro e cucino gli auricolari: ma non mi dispiace.

Mi piace avere una vita così diversamente meravigliosa.

Forse un giorno mio figlio mi chiederà del perchè non ha avuto una vita “normale”; forse mi odierà per non essere una mamma “apparecchiata”.

Però ho cercato di creare una vita fatta di sogni e concretezze, fatica e gioia, sudore e appagamento.

Una altalena esattamente come la vita.

Non avrò mai la bacchetta magica per essere una mamma perfetta, ma è mio figlio a rendere perfetta la mia vita.

E per questo gli sarò grata in ogni momento, gli sarò grata di essere la parte migliore di me.

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Francesca Rizzi

Consulente Manageriale
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