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Chiara Parise, PNLP

Chi è Chiara? Chiara è una giovane fashion designer che nasce in una famiglia di tessitori e fin da piccola sviluppa una passione per i tessuti e per tutto ciò che ha a che fare con la creatività.

 

Cosa fai nella vita? Dopo gli studi in comunicazione e varie esperienze professionali in Uffici Stampa in ambito moda e Agenzie di ADV decido di ritornare alle mie radici e sviluppare il mio brand PNLP nel 2017 creando una capsule collection con i tessuti prodotti nell’azienda di famiglia, con una particolare attenzione al tema della sostenibilità, discostandomi dai classici ritmi del fashion system.

Cosa significa per te la parola moda? Per me la moda è una delle forme d’arte che ci permette di raccontare i cambiamenti della società e degli stili di vita delle persone. Una fusione tra musica, arte e tecnologia in continua evoluzione. Espressione ed immagine del tempo che stiamo vivendo.

 

Parlaci del tuo brand… PNLP è la contrazione di Penelope, figura mitologica ideatrice del celebre stratagemma protagonista dell’Odissea. PNLP vuole infatti omaggiare la tenacia, la forza e la perseveranza di tutte le donne. Rappresenta anche un richiamo alla tessitura, arte da me particolarmente amata. Definisco i miei capi a “Kilometro zero” in quanto tutte le lavorazioni, dalla produzione del tessuto alla confezione del capo finito, avvengono nelle migliori manifatture tra Varese – Como – Milano. Nascono così capi dallo stile intramontabile e 100% Made in Italy.

Da quando e da cosa è nata la tua passione per la moda e per la creatività? Sono cresciuta in mezzo ai tessuti e questo ha contribuito a sviluppare il mio interessa per tutto ciò che stava dietro la costruzione di un capo di abbigliamento, la qualità delle materie prime e le lavorazioni. Poi la voglia di imparare a comunicare tutti questi step che rendono unico un abito e di conseguenza un brand. Ricordo che amavo disegnare sin da piccola e sono sempre stata una persona molto curiosa e aperta alle novità.

 

Cosa significa per te sostenibilità? Ormai un termine abusato considerando che ho iniziato a promuovere e lavorare su questo tema una decina di anni fa sperimentando in azienda i tessuti che ne rispettassero le caratteristiche e quando ancora i professionisti  del settore non credevano saremmo arrivati a questo cambiamento. La sostenibilità non riguarda solo i cicli produttivi, le materie prime, i consumi di acqua, l’ energia e sostanze chimiche utilizzate ma anche il rispetto e la tutela del lavoro. Arriviamo da quasi trent’anni di fast fashion, dall’uso smisurato di tessuti sintetici incentivati dalle scoperte della chimica industriale che ha reso i processi produttivi facili e veloci. Non siamo più in grado di riconoscere un tessuto pregiato da uno di scarsa qualità, un capo tagliato e cucito bene da uno creato in serie. Non abbiamo più investito sulla tecnologia e lavorazione di molte fibre naturali a favore di quelle sintetiche perdendo così gran parte del know how. Non abbiamo avuto un cambio generazionale nel settore che ora si ritrova ad essere in molti casi vecchio e non al passo con le nuove esigenze e richieste del mercato. Tutto questo influisce sulla sostenibilità di un prodotto e rende più difficile il cambiamento che però dovremo affrontare per un futuro migliore e realmente sostenibile. La sostenibilità dovrebbe essere un progetto globale condiviso da tutti i Paesi del Mondo con regole uguali per tutti altrimenti rischia di rimanere un progetto utopico e fine a se stesso.

Secondo te quali sono le nuove prospettive della moda? La Moda dovrà rimettere in discussione lo stile produttivo degli ultimi trent’anni, proporre e incentivare nuove tecniche di lavorazione, ritornare a produrre capi di qualità, ristabilire un giusto equilibrio tra proposte, produzioni e prezzi. Rimarrà comunque un sistema industriale e in quanto tale legato a produzioni su larga scala che dovranno essere adattate alle nuove esigenze sul riciclo, smaltimento e bilanciamento dei consumi

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Francesca Rizzi

Consulente Manageriale
& Sustainability Manager

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