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Simona, ho sviluppato il mio incantesimo… Hechizo

Da illustratrice a stilista, la storia di Simona che ha scelto di sviluppare, spronata dalla curiosità, dal desiderio di ricerca il suo brand Hechizo.

Un marchio molto personale che sente di lei e dei suoi obiettivi e dedizioni.

Hechizo un brand che condensa magia così come il suo significato perché questa è la moda, la creatività per Simona… 

Conosciamo insieme Simona e la sua storia… 

Come è nata la tua passione per la moda? “La mia passione per la moda non è nata un giorno, ma è qualcosa che bisogna avere nel nostro intimo e che pian piano, col tempo, si sceglie di lasciare emergere.  Così come ogni donna ho sempre voluto dare importanza ad ogni capo, ad un vestito al punto che ogni sera mi ritrovavo a pensare…cosa mi metto domani (anche se semplicemente si riferiva all’outfit da indossare per  andare a scuola)? Crescendo ho, poi, iniziato a dare un valore diverso alla preposizione “cosa mi metto” e questo ha permesso l’emergere della mia dedizione verso la creazione di un prodotto di moda. Così, a questo punto, ho deciso di prendere spunto da qualsiasi cosa che mi circondava e ho cercato (ma ancora ad oggi ricerco) di sviluppare un prodotto moda diverso e che si connoti come un outfit perfetto sia per ufficio sia per un aperitivo.”

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Cosa significa per te il tuo marchio? “Se devo essere sincera non mi piace “etichettare” le cose e soprattutto tutto quello che sono riuscita sviluppare. Il mio brand è dato dall’unione di una serie di capi autoprodotti, ogni mio abito e disegno è – infatti – pensato e realizzato come un’opera d’arte illustrata su tessuto. Hechizo, il mio brand è il risultato del mio passaggio da illustratrice a stilista. La parola Hechizo è spagnola e significa “incantesimo” perché a mio parere nel creare c’è molta magia…”

Raccontaci l’inizio della tua carriera come designer… “Cosi come tutte le cose che hanno una vera importanza è nato tutto per caso. Ad esempio, mi piaceva una t-shirt, ma economicamente per me era troppo. Un giorno mi sono comprata un paio di colori, una t-shirt bianca e così ho sviluppato un pezzo unico… questa idea è piaciuta molto alle mie conoscenze e sulla base di questo feedback mi sono chiesta perché non provare…”

Presentaci le tue linee…  “Io non ho una vera musa ispiratrice, ma vengo attratta da tutto quello che incontro. Non è quindi la singola immagine o il colore mi circonda, ma è qualsiasi cosa con cui vengo in contatto.”

Qual è la tua principale fonte di ispirazione nella ideazione dei tuoi capi? “Non ho delle linee ben distinte poiché nel mio brand il tutto si amalgama. Ambisco a coprire un lungo raggio che si estende dalla giacca al cappotto, dall’abito alla gonna sino ad arrivare ai maglioni, alle t-shirt e alle felpe giungendo alla linea di borse create in tessuto. Ad esempio, sono stata rapita da Frida Kahlo, volevo creare una collezione “diversa” e per questo ho girato per aziende di tessuto. Piano piano la collezione si costruiva nella mia testa e così ho ripreso in mano disegni che avevo realizzato di Frida e coi tessuti li ho trasformati in capi.”

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Chi sceglie i tuoi capi? “Tendenzialmente la donna che lavora e per cui una camicia o una t-shirt (anche se illustrata) risulta perfetta come sottogiaccia e il suo outfit appare originale ed unico. Se devo essere sincera ho notato che i miei fan sono soprattutto gli uomini…mi è capitato in diverse fiere o esposizioni che il compagno/amico /fidanzato fosse per primo incuriosito dalle mie creazioni facendole notare alla propria compagna.”

Quali sono le principali sfide e difficoltà che un designer come te deve affrontare quotidianamente? “La vendita e la sua gestione. Oggi il designer non è tutelato e questo, ad esempio, ti porta a collaborare coi negozi, ma solo in conto vendita. In tal caso, di conto vendita, c’è anche il rischio che il capo sia danneggiato e se questo accade si ha una perdita oltre che interminabili discussioni. Credo anche  che una problematica legata a questo sistema sia anche il fatto che non sai mai quando avrai il compenso dei capi venduti…poi che dire?! Un’altra nota triste è che a volte il negozio sparisce dall’oggi al domani o chiude per fallimento. Manca la tutela del designer in questo sistema. Sulla base di queste complessità io ho tolto il conto vendita poiché finché ci saranno negozianti che pensano di lavorare in questo modo non verrà mai adeguatamente rispettata la categoria del designer.”

 A quale target di clientela ti rivolgi? “Un target femminile fatto di donne dinamiche.”

Progetti per il futuro? “Se devo essere sincera ho molte idee e progetti, ma non essendo questi ancora concreti preferisco non parlarne.”

Sogni e aspettative? “Ovviamente quella di riuscire a crescere col mio lavoro e di andare sempre avanti facendomi conoscere in questo settore.”

Sei felice? “Credo che questo genere di domanda generi sempre – a sua volta – un’altra domanda ovvero cos’è la felicità? Io reputo che la felicità sia uno stato d’animo soggettivo e personale… che dire? In questo momento mi viene in mente un film di Aldo-Giovanni e Giacomo: Chiedimi se sono felice.”

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Francesca Rizzi

Consulente Manageriale
& Sustainability Manager

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