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Il modello lineare

L’attuale modello di produzione tessile si basa sui principi dell’economia lineare e del fast fashion, ovvero la capacità di produrre capi economici e di tendenza molto più velocemente rispetto alla moda programmata, inquinando il pianeta, esaurendo le risorse naturali e portando ad un’esacerbazione del divario sociale nei paesi in cui è concentrata la manodopera. Il modo in cui l’abbigliamento viene oggi prodotto, distribuito e utilizzato è quasi del tutto lineare. Molte risorse non rinnovabili vengono estratte per realizzare abiti, che spesso vengono indossati per un po’ di tempo prima di essere per lo più dispersi in discarica o inceneriti. Si pensa che più della metà della produzione di fast fashion venga scartata in meno di un anno.
Il modello di business lineare si basa sul concetto di ”dalla culla alla tomba”, ovvero un sistema per cui le risorse vengono estratte, trasformate in prodotti finiti, vendute e smaltite, ”bruciate nella tomba”, che di solito si riferisce al inceneritore. (Rinaldi, 2019) È un modello insostenibile, basato sull’esagerazione, che lascia un’impronta ecologica negativa sul pianeta, aumentando in modo esorbitante i consumi, per poter offrire capi all’avanguardia a prezzi che tutti possono permettersi, anche in forte aumento tra i rifiuti, si stima che si perdano oltre 500 miliardi di dollari a causa del sottoutilizzo. (Perris, 2020)
Secondo la ricerca della Ellen MacArthur Foundation: “A New Textile Economy: Redesigning the Future of Fashion”, l’industria tessile è estremamente dispendiosa e inquinante, sfrutta ogni anno oltre 98 milioni di tonnellate di risorse non rinnovabili, compreso il petrolio per produrre le fibre sintetiche , fertilizzanti per piantagioni di cotone, prodotti chimici per produrre, tingere e rifinire fibre e tessuti. A ciò si aggiungono 93 miliardi di metri cubi di acqua che contribuiscono ad aggravare gli eventi di siccità, l’emissione di circa 1,2 miliardi di tonnellate di CO2 e 500.000 tonnellate di fibre microplastiche riversate negli oceani. Ciò è dovuto al fatto che vengono utilizzati circa 20.000 litri di acqua per produrre un singolo chilogrammo di cotone e che il 19% di tutti gli insetticidi nel mondo e il 9% dei pesticidi vengono utilizzati nella coltivazione del cotone. Data questa evidenza, sembra che 2650 litri di acqua, 0,09 kg di fertilizzanti, 0,05 kg di pesticidi, 2,7 kg di CO2, 0,05 kg di gas nocivi, 0,54 kg di combustibili fossili siano utilizzati per produrre una maglietta di cotone, generando circa 9kg di emissioni di CO2 ogni 50 lavaggi.

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Francesca Rizzi

Consulente Manageriale
& Sustainability Manager

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